Volevo vivere come CandyCandy…

Racconti di vita in un caos organizzato


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What a Feelin’!

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L’insano desiderio di mio padre di farmi imparare le lingue straniere non si era mai sopito. Già durante la terza media, per prepararmi agli studi futuri, complice il preside della scuola che sarebbe successivamente diventato mio insegnante, mi obbligò a frequentare un corso preparatorio di Latino, con l’ovvio risultato di farmelo odiare per tutto il periodo del Liceo (ho sempre avuto risultati discutibili in Latino e Greco, ma tra i due preferivo quest’ultimo, la cui letteratura mi sembrava più ricca ed affascinante). Ma non contento di questo, nell’estate antecedente l’inizio del Ginnasio mi aveva messo in mano una grammatica Francese (“Tanto è praticamente uguale al piemontese!”) ed una di tedesco, potete immaginare con quali risultati.

A scuola ormai iniziata, volle tentare il tutto per tutto, ed acquistò un Corso Fonovisivo di Tedesco! Altro non era, di fatto, che una serie di esercizi correlati da audiocassette, contenuto in un’elegante 24h di pelle; ma l’unico motivo per cui, apparentemente,io acconsentii all’acquisto, fu la presenza, nel kit, di un Walkman necessario per l’ascolto dei suddetti supporti. Intendiamoci: era un modello “base”, senza grosse pretese, anzi; ma stuzzicava il mio “io” nerd, che per la prima volta si sposava con l’amore per la musica, e la prospettiva di poter ascoltare quello che volevo ovunque ed in cuffia, cosa che non avevo mai fatto prima, era un canto delle sirene troppo irresistibile perché potessi dire di no.

Come ricorderete, per frequentare la scuola facevo il pendolare, viaggiando un’ora per l’andata ed una per il ritorno ogni giorno; questo tempo poteva essere proficuamente impiegato per l’ascolto e l’apprendimento del tedesco, secondo mio padre, ed io fui perfettamente d’accordo con lui; quindi, mi accinsi ad acquistare una MUSIcassetta che mi avrebbe consentito di passare il tempo. La scelta ricadde sulla colonna sonora del film “Flashdance” (che non ha bisogno di presentazioni, ma per chi volesse rinfrescarsi la memoria ecco il solito link esplicativo: http://it.wikipedia.org/wiki/Flashdance).

Fiero ed emozionato per il mio acquisto, salii sul bus, mi incassai in fondo nel posto più defilato possibile, in modo da non rischiare che mi si sedesse accanto qualcuno che avrebbe potuto intavolare una non voluta discussione, ed infilai le cuffie in testa. Erano grandi, coperte da un’orribile gommapiuma blu e con un’asticella di metallo flessibile e regolabile per adattarle alla bell’e meglio alle orecchie. Cliccai il tasto “Play”.

Il suono stereofonico mi invase il cervello, accendendo sinapsi e stimolando sensi che fino a quel momento non sapevo di avere. L’intro del primo pezzo, “Flashdance” appunto, scorreva dall’orecchio destro a quello sinistro e viceversa, creandomi una sensazione di stupore, appagamento, eccitazione, confusione, stordimento e voglia di continuare all’infinito l’ascolto. Era la cosa più simile ad un orgasmo che avessi mai provato (avevo già imparato da tempo cos’era un orgasmo, grazie a Federica-la-mano-amica), e fu amore a prima vista (o al primo ascolto) e per sempre. Ancora oggi ricordo gran parte delle canzoni a memoria, e rivedo il film ogniqualvolta passa in televisione (sempre più di rado, ahimè).

Irene Cara, la cantante del brano in questione, divenne la mia eroina, passione, questa, condivisa con un mio compagno dell’epoca, Carlo, con il quale scambiavamo figurine, ritagli di giornale, articoli, ogni cosa parlasse di lei, quasi fossimo due ragazzine adolescenti brufolose in preda ad un innamoramento folle per il loro sex symbol del momento (oddio, io in effetti brufoloso all’epoca lo ero, Carlo molto meno; ma per lui, forse, Irene Cara era davvero un sex symbol, mentre per me no, ovviamente… Insomma, ci compensavamo). La mia idealizzazione finì quando la vidi in una foto a seno nudo e la sua immagina artistica ne fu ai miei occhi definitivamente e per sempre compromessa.

La cassetta si suicidò a furia di essere suonata ancora, ed ancora, ed ancora, ed ancora. Le mie finanze non mi permettevano (già allora…) di poter acquistare con frequenza altri supporti musicali, ma quando potei cominciai ad investire lì i miei soldi; seguirono altre grandi passioni: “Thriller”, la colonna sonora de “La Storia Infinita”, “Born in the USA” (e non a caso Michael Jackson e Bruce Springsteen restano ancora oggi due dei miei artisti preferiti… Quando si dice l’imprinting). Anche il Walkman fu presto sostituito da un apparecchio tecnologicamente più avanzato. Quando mio padre me ne chiese il motivo, l’ovvia risposta fu che con quel modello non riuscivo a capire perfettamente le sfumature della difficile pronuncia tedesca. Il poveretto ci credette, ma io il tedesco non l’ho mai imparato.